301111088347312 Meno matrimoni, più convivenze?
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Meno matrimoni, più convivenze?

L'importante è proteggersi


Non è una novità: il trend nazionale registra sempre meno matrimoni a vantaggio di unioni di fatto.

La disoccupazione, la scarsità di risorse economiche, i cambiamenti dei costumi degli italiani possono essere le cause di questa tendenza.

Le strutture familiari sono cambiate e le esigenze di protezione sono ancora più forti.

In altri articoli ci siamo occupati degli strumenti di protezione del patrimonio; in questo ci soffermiamo invece su come proteggere la famiglia di fatto, ossia quella non basata sul matrimonio.


I conviventi possono, grazie alla legge Cirinnà, iscrivere la propria unione all’anagrafe del comune di residenza ma questa dichiarazione non equivale al matrimonio in senso stretto.

Vantano una serie di diritti come quello della reciproca assistenza morale e materiale, alla contribuzione per i bisogni della famiglia, alla visita, assistenza e accesso alle informazioni personali e, per la gestione dei rapporti patrimoniali, possono affidarsi ai contratti di convivenza che, per essere validi, devono essere stipulati per atto pubblico o per scrittura privata autenticata dal notaio o da un avvocato.


Tuttavia, se uno dei due partner dovesse decedere, l’altro non diventa erede per la legge. Ciò significa che se l’abitazione comune è di proprietà del deceduto, l’altro può rimanere ma per un periodo limitato: tra i 2 e i 5 anni a seconda della durata della convivenza.

Se ci sono figli minori o disabili, il partner superstite può abitare nella casa comune per un periodo non inferiore ai 3 anni. Trascorsi i 5 anni, in ogni caso dovrà trovarsi una nuova casa con tutti i disagi economici e psicologici che accompagnano un lutto.


Come tutelare quindi il convivente?

Il testamento può essere una valida e pronta soluzione: poche righe redatte su semplice carta in cui si dichiara di nominare erede il proprio compagno consentendogli di continuare a vivere in serenità.




 

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